Il controllo delle immagini nella dittatura Hoxa
Blog
Il generale Hoxa e l'ironia delle immagini
Il controllo delle immagini per i regimi totalitari è una questione di sopravvivenza. Nel Bunk'Art di Tirana le foto manipolate dal regime generano un ironico cortocircuito.
ACCENNI SUL RITOCCO
Il controllo delle immagini per i regimi totalitari è una questione di sopravvivenza. Non si tratta soltanto di manipolazione dei fatti, ma di un vero e proprio esercizio di controllo dell’immaginario collettivo. Scrive Fontcuberta:
“Ogni totalitarismo si preoccupa molto degli archivi e dei monumenti, che sono strumenti per manipolare la memoria collettiva: l’archivio rimanda le fonti, il monumento alla simbologia. Mutilare fisicamente le immagini, accanirsi su di loro, bruciarle: tutte queste forme di violenza aspirano a piegare l’opinione pubblica e la conoscenza storica, spostando sul rappresentato il danno inflitto alla rappresentazione“
Nel Bunk’Art di Tirana, un ex bunker antiatomico oggi convertito in museo della memoria, c’è una stanza dedicata alla censura delle immagini durante la dittatura del generale Hoxa.
Entrando nella stanza, sulla destra, una teca raccoglie i rullini utilizzati dai fotografi del regime, altre due pareti sono dedicate agli strumenti di spionaggio (microcamere nascoste in oggetti domestici, testimonianze di sopravvissuti e le fotocamere usate dal regime) e infine un pannello propone un gioco fotografico: “scova in che punto sono state ritoccate queste immagini“.
Nella stanza della manipolazione mi sono venute in mente le parole di Alain Jaubert sulle immagini manipolate:
“La fotografia falsificata non è fatta per essere attentamente guardata: se la si osserva troppo da vicino, il fragile edificio della menzogna crolla. E’ fatta per essere vista di sfuggita, in mezzo ad altre banali fotografie”.
[da Commissariato degli archivi]

Il ritocco e le dittature
L’ironia è molto poco tollerate delle dittature, con molta probabilità anche meno degli oppositori. Il ridicolo, il paradossale ha la capacità di smascherare la verità senza doverla nominare. Per questo motivo l’immagine è realizzata ad arte per dissimulare, nascondere, aggiungere, evirare, cancellare, ridimensionare la realtà; l’immagine deve costruire e rendere autentica la sacralità del potere, eliminare ogni contraddizione e confermare l’idea e l’ordine sociale costituito.
Lo stesso Aline Jaubert individua due tipologie di censure fotografiche: la fotografia falsificata e la fotografia montata. Se la prima è riconoscibile in quanto immagine manipolata, la seconda è costruita per essere verosimile; l’una è creata a posteriori, l’altra nasce già immaginata in quanto tale. Il Bunk’art offre esempi di entrambe le tipologie. Iniziamo ad analizzare il secondo caso:
– LA FOTOGRAFIA MONTATA
La fotografia montata nasce per creare una scena falsa ma verosimile. Negli esempi riportati dal Bunk’art di Tirana il contenuto delle immagini è condizionato dalla didascalia che le accompagna. Vediamo i casi nello specifico:
1) I sacerdoti terroristi
L’eliminazione della religione e la formazione di uno stato laico è stato uno degli obiettivi che il regime Hoxa. Molti i credenti perseguitati tra cui il caso celebre dei sacerdoti francescani accusati di cospirazione contro il regime e detenzione illegale di armi.

2) Fr.zef Pllumi il fuggitivo
Medesima sorte tocca all’immagine che ritrae Fr. Zef Pllumi. Viene catturato nel settembre 1967 e anche in questo caso la fotografia è portata a processo come testimonianza della fuga di Pllumi durante la cattura. Presentata come prova la didascalia riporta “Fr. Zef Pllumi mentre cercava di fuggire alla polizia durante l’arresto“.

Nei casi presentati la censura delle immagini non avviene sulla superficie, per mezzo del ritocco, ma al suo esterno. La didascalia interviene sul significato della foto veicolandolo. Per un occhio distratto diventa difficile leggere la fotografia in modo diverso rispetto a come è presentata attraverso la didascalia. Ronald Barthes scrive: “descrivere, non è dunque soltanto essere inesatto o incompleto, è cambiare di struttura, significare un’altra cosa rispetto a quello che è stato mostrato“. La didascalia è un linguaggio parassitario rispetto alla fotografia, la assorbe e ne annulla il significato, lo stravolge.
Riconsideriamo quindi le nostre immagini presentate. Che cosa stanno mostrando? I preti detengono armi? C’è un nascondiglio segreto? L’immagine mostra effettivamente Fr. Zef Pllumi durante la fuga?
Per quanto l’evidenza è tale l’immagine è un linguaggio senza codice, difficilmente decifrabile, che dinanzi al codice linguistico soccombe anche la sua pretesa oggettività.
– LE FOTO FALSIFICATE:


Le fotografie falsificate sono “fotografie protocollari” per una dittatura. Questo tipo di immagini non cattura il momento, ma la gerarchia e le relazioni simboliche tra i personaggi in essa raffigurati. Non è infrequente che grandi personaggi presenti nella scena vengano rimossi all’interno delle immagini nel momento in cui diventano scomodi per il regime. Una rimozione simbolica alla quale spesso segue una rimozione anche fisica.
In questo tipo di immagini c’è una sorta di inversione del ruolo della fotografia: perché non è l’istante fotografico a raccontare il momento, ma è la narrazione che si impone sull’istantanea.
Riprendiamo il gioco fotografico presente all’interno del Bunk’art di Tirana. Queste sono le immagini usate nei libri di storia dei ragazzi, sono immagini banali, quasi noiose, rese volutamente noiose affinché l’occhio sfiori la superficie senza ma osservarla veramente altrimenti il gioco viene svelato subito.
La vera rivoluzione, pertanto, è proprio l’osservazione attenta dei dettagli.





CONCLUSIONI
Come detto inizialmente, l’immagine è indifferente al suo destino. La fotografia è uno spazio senza terra di cui la dittatura si appropria perché è sulla sua superficie che si muove l’immaginario collettivo. La manipolazione delle immagini, pertanto, non è una questione di appropriazione territoriale ma una costruzione paesaggistica. Un paesaggio per esistere deve essere riconosciuto come tale, la pena è che il gioco presto collassi. E difatti così è stato.
Nel trovarmi dinanzi a quelle immagini il mio pensiero è corso al documentario: “los techados” di Roberto Duarte. Il documentario è incentrato sulle fotografie di famiglia da cui due zii sono stati rimossi (ritagliati o graffiati).
Fontcuberta sostiene che le immagini hanno una funzione vudù: intervenire violentemente sull’immagine è una forma simbolica (o psicomagica se mi permettete) di uccisione della persona, una pratica funzionale anche all’elaborazione di un lutto. Un esempio classico sono le immagini di ex-partner/amici/conoscenti che, a conclusione della relazione vengono deturpate, mutilate o strappate. Ma è proprio sulla funzione vudù dell’immagine che si genera il cortocircuito ed affiora l’ironia delle fotografie del Bunk’art: il censore è stato censurato.
Il popolo ha imparato dal suo maestro e sulla superficie del volto di Hoxa qualcuno è intervenuto con l’intenzione di cancellarlo da quella stessa immagine censurata dal generale. L’atto di ribellione diventa tanto più interessante se consideriamo che l’intervento sulla fotografia viene compiuto all’interno del museo della memoria. Un gesto simbolico, segnale di quel che resta del ricordo del dittatore e di come lo si vuole ricordare.

BONUS
Chiudiamo il discorso con ancora un po’ di sana ironia. Condivido una famosissima gag di Sandra e Raimondo in cui i coniugi si confrontano con la verità nei giornali scandalistici. Ne vien fuori un’allegro gioco linguistico in cui realtà e finzione si confondono e l’evidenza fotografica viene convertita dall’uso sapiente delle parole.
Buona visione! 😉
Biografia
Commissariato degli archivi, Alain Jauberted. original Bernard Barrault, Parigi s.d., trad. it Corbaccio, Milano 1993
Il messaggio fotografico, Ronald Barthes, ed. orig. in “Communications” Parigi 1961, trad. it. in Aa.Vv., La comunicazione audiovisiva, Paoline, Roma 1972
La furia de las imagenes, Joan Fontcuberta ed. Galaxia Gutemberg, Barcelona 2016
Le idee della fotografia, Claudio Marra, ed. Bruno Mondadori Milano 2001
Los techados di Roberto Duarte 2011
Pubblicato da
AMDM
