“Objecthood of a past journey”: il progetto

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"Objecthood of a past journey"

Il progetto è una riflessione sulla migrazione dei primi italiani nel Galles e della formazione dell'identità italo-gallese

La nascita, lo sviluppo, la  mostra

Questo articolo è il risultato del percorso fatto per la realizzazione del progetto fotografico “Objecthood of a past journey”. Il lavoro è stato realizzato come progetto finale per il conseguimento del Master of Art in Documentary Photography alla University of South Wales. Lo scritto originale è stato redatto in lingua inglese, questa è la sua traduzione.  Nella prima parte dell’articolo è inserita tutta la parte della riflessione sul tema; la seconda parte, invece, passa in rassegna la messa in mostra del progetto. 

Tessuto ricamato a mano

Il progetto in mostra

Dettagli sulle immagini

La sequenza inizia con una fotografia (Fig.03) di stoffa ricamata che introduce alla natura narrativa del progetto. In effetti, la forma del ricamo ricorda i punti sospesi dei racconti che, nel contesto del progetto, hanno la funzione di suggerire il passato da cui proviene la collezione. E’ l’idea di Lina che nel ricamare questi punti, collega la sua idea del mondo, la sua cultura e tradizione, come un atto di fede nel futuro, alla storia di sua figlia. La superficie del tessuto presenta anche un segno a matita, una parola incompiuta il cui senso non è chiaro. Il segno ci porta a chiederci cosa sia successo nel momento in cui è stata scritta la parola mancante, perché Lina non ha completato il lavoro, cosa è successo dopo la parola? In questo senso, l'immagine diventa una potente metafora della storia del baule, tanto che, per la composizione del progetto, la traiettoria della linea di punti diventa la linea lungo la quale sono disposte tutte le altre fotografie.

Le fotografie successive rappresentano una selezione degli oggetti più significativi. Come accennato in precedenza, non tutti gli oggetti della collezione fanno parte dell’idea originale del baule. Quando la dote fu rifiutata, e quindi perse la sua funzione sociale, Lina e Angelo hanno usato il baule come luogo per conservare “oggetti evocativi”, cioè come raccoglitore di tutti gli elementi in relazione con il loro vissuto, elementi capaci di creare un ponte tra mondo mentale e fisico.

Pur non conoscendo la motivazione per preservare alcuni degli oggetti, la loro importanza viene espressa dalla cura con cui Lina li ha conservati: alcuni sono avvolti in pellicole trasparenti o protetti da carte, altri sono conservati all’interno della loro confezione originale e altri sono custoditi in scatole. La patina delicata che avvolge l’asciugamano degli uccelli, la busta del centrino con il nastro adesivo ingiallito e la spugna morbida dietro la bambola sono atti di gentilezza che non solo preservano ma proteggono anche da eventuali danni come se fossero oggetti di valore.

Cuscino Buonanotte

Una dimensione temporale differente, invece, è evocata dalle cuciture fatte a mano per personalizzare fodere e lenzuola. Come nel caso dell'immagine di apertura la sequenza (Fig.01), anche nel lavoro di ricamo delle federa riportata nella Fig. 04 si intuisce il tempo investito e quindi l’importanza che Lina ha dato a questo guanciale personalizzato interamente a mano.
Ricamare gli elementi della dote per renderli unici è una antichissima tradizione. Storicamente, la famiglia della giovane donna raccoglieva biancheria, argento e altri articoli molti anni prima del matrimonio, all’approssimarsi dell’età da marito della fanciulla. In questo modo la ragazza trascorreva tutta la sua fase di crescita fino al giorno delle nozze ricamando con l’aiuto e l’insegnamento della madre la sua futura biancheria nuziale. Un rituale sociale oltre ad un vero e proprio percorso formativo che preparava la bambina alla vita matrimoniale e alle competenze necessarie. In questo caso, inoltre, è poi interessante la scelta della lingua italiana “buon giorno” preferita all’uso dell’inglese per il ricamo.

Considerazioni simili sul “fattore tempo” possono essere fatte anche per la bambola e una tovaglia ancora custodite nelle loro confezioni originali che, intuiamo dall’etichetta, sono state entrambe acquistate in Italia. Dalle testimonianze di Angelo sappiamo che questi oggetti sono stati raccolti da “mamma Lina” durante i vari viaggi e vacanze nella loro città natale, Bardi. È veritiero quindi pensare che questi oggetti siano stati acquistati dopo una accurata ricerca svolta dalla mamma Lina durante i suoi viaggi in Italia.
La candela, l'abito da bambina e il fazzoletto ricamato possono idealmente inserirle degli “oggetti biografici”, oggetti simbolici utilizzati in rituali o celebrazioni che hanno accompagnato la vita di Monica. La candela e il vestito furono usati durante il battesimo di Monica, della loro funzione troviamo traccia in due istantanee di Angelo che ritraggono l’intera famiglia durante la celebrazione battesimale. La relazione tra questi oggetti e le fotografie è visivamente evidenziata dall'uso dello sfondo: abito e candela si trovano su un'impostazione nera che li collega graficamente con le fotografie in bianco e nero e porta gli oggetti in uno spazio fluttuante non correlato con gli altri elementi del baule per suggerire la relazione con l'evento. Il fazzoletto, invece, è un oggetto molto enigmatico. È ricamato con la lettera M, l’iniziale di Monica, ed è probabilmente l'oggetto più intimo della collezione. Tuttavia è un oggetto sospeso che potrebbe appartenere sia al battesimo o verosimilmente alla cerimonia nuziale. Questa ambiguità è stata usata come strategia narrativa: metaforicamente parlando diventa l'origine e la fine della storia, il battesimo e il matrimonio, il tempo in cui è iniziata la raccolta per la dote e contemporaneamente quando l'esistenza della dote è giunta a conclusione.

Un’ultima riflessione deve essere fatta sulla fotografia conclusiva del progetto. Si tratta di una delle cinque istantanee di Angelo scattate in Italia e riprese nel progetto. All’interno del contesto della serie fotografica questa immagine funziona come il memento mori della storia: il gesto introduce ambiguità all’interno del discorso, il braccio teso vero il monumento-simbolo è di sostegno o di rifiuto? Accoglie o rigetta? 
Conoscendo la storia sappiamo che la dote e tutto  quello che  implica simbolicamente sono state rifiutate ma è proprio in questa fotografia che viene esplicitato visivamente: seguendo il movimento del braccio di Monica l’occhio dello spettatore, che ha passeggiato fino a quel momento tra gli oggetti  della dote, viene spinto a ritornare all’interno della collezione riproducendo così anche la dimensione circolare del tempo della collezione. Suggerisce Baudrillard – la collezione è un modo rudimentale di dominare il mondo esterno, di organizzare, classificare e manipolare (2009, p. 49). Gli oggetti possono essere visti come attori sociali, influenzano il modo di essere nel mondo, nella società in un modo che non si sarebbe verificato se non esistessero in una forma specifica. Rifiutare una dote, quindi, contesta l’organizzazione del mondo che gli oggetti rappresentano e che intendevano veicolare.

Pubblicato da

AMDM

Fotografa documentarista, docente e divulgatrice di fotografia per i istituzioni pubbliche e private. La mia ricerca fotografica è finalizzata all'esplorazione delle "possibilità ottiche" del presente.

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